Walk on the edge

 


Da ragazzina non avevo problemi con le altezze. Era più facile trovarmi tra i rami di un albero o sul tetto del garage che in casa davanti alla televisione. Poi un giorno ho deciso di farmi una passeggiata su un cornicione. Non so per quale motivo, ricordo solo che in quel momento mi era sembrata un'idea geniale. Il cornicione incriminato cingeva completamente un vecchio palazzo: nella parte frontale si trovava a un metro e mezzo circa da terra ma sul retro la costruzione si protendeva verso il basso quasi come se le fondamenta fuoriuscissero come ossa di dinosauro dal suolo. Li, il cornicione si affacciava su una specie di precipizio delimitato da una strada di ghiaia. Ricordo di averlo percorso con la schiena incollata al muro, scivolando sui piedi fino a che mi sono trovata nel punto più alto, a metà strada dalla salvezza. A quel punto ho abbassato la testa e ho guardato verso il basso. E il basso improvvisamente è diventato il cielo mentre le nuvole mi si sono infilate sotto i piedi. Il muro dietro le mie spalle invece di sorreggermi sembrava volermi spingere giù. La strada la sotto mi stava chiamando, gettarmi nel vuoto pareva l'unica alternativa possibile, l'unico modo per fermare il mondo che mi ballava nella testa. Non so come sia riuscita a richiudere gli occhi e a trascinarmi verso l'angolo opposto dove l'altezza si accorciava di parecchio. Non era la prima volta che mi arrampicavo così in alto ma sicuramente la prima in cui, per un attimo, non ho percepito altra alternativa se non quella di lasciarmi andare per sentirmi meglio. Una specie di resa. Ho avuto così paura di provare di nuovo quella sensazione che da quel giorno ho evitato accuratamente di ritrovarmi in una situazione simile. Non si trattava di vertigini ma di autentico terrore per le altezze.
Con il tempo questa paura si è mitigata ma ancora oggi, in certe occasioni, provo un paralizzante brivido freddo.
Proprio per sconfiggere questo terrore cerco di sfidare me stessa camminando sempre più rasente il ciglio del precipizio. Il fondo del burrone è diventato un luogo seducente che mi chiama facendo rotolare la voce sulle sue pareti verticali. Ora so che lasciarmi andare è come gettarmi tra braccia di qualcuno che mi attende sul fondo. So che che non devo avere paura. Allora provo a toccare i miei limiti e a superarli per andare oltre le leggi fisiche dell'universo, perché ne vale la pena. Perché anche la resa può essere adrenalinica ed eccitante.

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