Nomi di animali

 


Per mio nonno assegnare un nome agli animali della sua fattoria non è mai stato un affare da poco. Ci ragionava con minuziosa attenzione tra una bottiglia di rosso e l'altra creando strategiche coalizioni lungo la rete tirata su come una trincea, tra il cortile e il pollaio. Per lui un nome non era solo una targhetta inchiodata al box della stalla ma rappresentava un tassello del mondo che gli aveva fottuto la mente in guerra e che rimetteva in scena nell'aia di casa. Accostamenti privi di senso ma dotati di simpatica originalità.

Il gallo Badoglio ogni anno finiva ammazzato ma veniva soppiantato da un nuovo generale. L'ultimo toro che ha tenuto, lo ricordo perché avevo circa otto anni, si chiamava Sukarno e aveva il permesso di entrare in casa.
Il cane invece si chiamava Trockij, era un setter rosso e lui no, non poteva entrare in casa. In realtà abbiamo avuto diversi Trockij nel corso degli anni, tutti confinati nel pagliaio. Solo Sukarno dominava.
Ricordo il gatto Leonida, ma non era lo Spartano. Dormiva tutto il giorno vicino al camino ma la sera, verso le sette, improvvisamente il nonno si rendeva conto che il gatto era uno stronzo e doveva essere buttato fuori usando ogni tipo di violenza. Peli, urla e soffi prima del Telegiornale.
Con l'età però si era ammorbidito, gli ultimi due gatti li aveva chiamati Kim e Novak, come biasimarlo?
Aveva anche una cavalla, non mi era permesso cavalcarla perché era bizzosa, una vera dark lady. Si chiamava Puszta,. E vaffanculo, se lo meritava quel nome.

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