A CHRISTMAS CHAOS
A CHRISTMAS CHAOS
Come poteva mancare, anche questo Natale, il racconto (im)morale
ad uso e consumo di stomaci provati da gozzoviglie e messe di
mezzanotte?
Or dunque, appesantiti lettori, proprio voi che venite a
sbirciare senza ritegno le disavventure della nostra eroina, siate consapevoli
della vostra colpevolezza.
L’ omertosa curiosità non la proteggerà dalle trappole
create apposta da questo mondo scintillante di luci, fatto apposta per piedi
giovani e sorrisi ingenui.
Sono sicura che, sospinti da ammirevoli intenzioni, la
accompagnerete fino alla meta, consegnandola al suo radioso destino. In tempi
avari di morbida selvaggina riempirete il vostro carniere di succulenta carne
di prima scelta.
E’ importante che sappiate che Il padre di Camilla, che
tanto prenderete a cuore per il suo candore, aveva lasciato buona parte dei
suoi polmoni all'interno dei ventri metallici delle navi in costruzione al
cantiere navale Aleste, enormi uteri che partorivano ogni anno sottili promesse
di morte. Era un uomo caparbio e attaccato alla vita, ci mise quasi un anno a
rendere l'anima lasciando la figlia con un conto bancario di 653, 56 euro esatti,
uno sfratto esecutivo ed una lettera imbustata e sigillata, che aveva tenuto
stretta al petto per mesi e mesi, accarezzandola come se fosse un gatto
siamese.
L’unico tesoro che potesse offrire a Camilla.
Gliela porse tra un colpo di tosse e l'altro, poco prima
che le cesoie della vecchia cucitrice recidessero gli ultimi fili della vita. Giusto
il tempo di un ultimo saluto.
Non c’era nessuna tempesta di neve il giorno in cui il padrone
di casa la sbattè fuori assieme ad un paio di valige rotolanti. Il cielo era
azzurro, dalle radio uscivano smielati canti di Natale, e nessun dramma pareva
essere in corso in quel paesotto di provincia.
Camilla si strinse nel cappotto di poco prezzo per
proteggere quel corpicino niente male che la grande roulette della natura le
aveva regalato, occhi innocenti in tinta con le verdi banconote da cento euro e
qualche spicciolo che ballava nel fondo della tasca destra. Che poi carissimi lettori,
sappiamo benissimo che vi siete voltati a guardarla solo perché riempiva il
cappotto nei punti giusti.
Nella tasca sinistra c'era la lettera tanto preziosa, la
busta ingiallita e consumata agli angoli.
Una lettera di raccomandazione che il padrone dell’Aleste, il signor
Vinale, aveva scritto al vecchio come buona uscita per i brani di carne che
aveva immolato all'azienda. Ed eccola Camilla pronta ad affrontare il mondo con
quel sussurro di buone novelle che le vibrava in tasca. La sede dell’azienda si
trovava proprio in centro città, decise quindi di lasciare le valige fin troppo
leggere ad un'amica e prese al volo il primo treno per il paradiso.
Il lungo convoglio simile ad una lumaca scivolava sulle
rotaie facendole sussultare i pensieri ad ogni scambio. Da ragazza educata qual
era sapeva che se avesse chiesto informazioni al controllore senza dargli
l’impressione di essere torchiato da un comitato investigativo avrebbe avuto
qualche informazione sulla strada da prendere una volta arrivata in stazione.
Il controllore in effetti si mostrò esaustivo e ricco di dettagli nel darle le
informazioni richieste. Sembrava davvero tutto molto semplice. La percezione
dell’impresa però cambiò di colpo quando si trovò inghiottita dal traffico
cittadino, disorientata dal frastuono e dalla confusione si appoggiò al muro,
immobile, aspettando che le fragili scaglie che componevano il caleidoscopio
delle sue paure si depositassero sul fondo.
Camilla proveniva da un luogo magico, fatto di lattai che
ti svegliavano la mattina presto e casette di marzapane appoggiate alla costa,
proprio di fronte al mare. Quell'oceano nero di automobili e persone era
qualcosa di nuovo e spaventoso.
Si staccò dal muro, pronta a buttarsi tra le onde, la
testa alta ed il bavero del cappotto che le pizzicava le guance. Fu in quel
momento che intercettò il sorriso candido di un giovanotto dalla pelle ambrata.
Il giovanotto si chiamava Amrik, ed era il rampollo di una
facoltosa famiglia indiana. Stava tornando alla sua fredda e ricchissima
dimora, sconsolato e triste, consapevole del vuoto che aleggiava nella parte
più romantica del suo cuore. Il giovane sentì i tamburi dell'amore battergli
nel petto appena il suo sguardo di pudica ammirazione si posò su di lei. Tutta
quella genuina bellezza colorò all’improvviso il grigiore della città. Proteso verso di lei, sospinto dal più puro
degli intenti chinò il capo per presentarsi. Dichiararsi. Ma non ebbe nemmeno
il tempo di dirle il suo nome.
Proprio in quel momento una mano guantata, appesa al
braccio nodoso di un gigantesco poliziotto, lo colpì alla nuca facendolo
vacillare. Proprio in quell’istante, a due isolati di distanza, uno
scassinatore stava uscendo da una gioielleria con le spalle curve sotto un
sacco d’argenteria, ma questo non c'entra, andiamo avanti.
- Hai intenzione di insidiare la signorina proprio qui!
Davanti ai miei occhi?
Gli urlò contro
- T'insegno io la buona educazione! Ora vieni con me!
E lo trascinò via sorridendo soddisfatto in direzione di
una Camilla paralizzata, ancora piacevolmente sorpresa da quegli occhi
vellutati che ora Amrik teneva sbarrati per il terrore.
Spaventata e delusa la ragazza si incamminò verso il
centro sperando di raggiungere in fretta la sede dell' Aleste.
Camminava veloce, con le spalle incurvate in avanti e le
dita strette sulla lettera. Sbirciando le vetrine lo sguardo si catalizzò su
alcuni annunci incollati al vetro di un’agenzia interinale: Cercasi commessa.
Raddrizzando le spalle osservò i contorni delicati del suo
riflesso nella vetrata. Sembrava che il destino la stesse chiamando con voce
amorevole e bonaria offrendole un lavoro senza dover chiedere l’elemosina al
datore di lavoro di suo padre. Aveva già la mano sulla maniglia pronta ad entrare
quando una donna vestita in modo rigoroso, gli occhiali dalla montatura spessa
ed un gioiello sgargiante al collo la bloccò.
- Eh no! Dove credi di andare? Tu non puoi entrare qui!
Agitò un indice guantato davanti al naso della giovane con
fare minaccioso.
- Mi chiamo Dellaroccapopoli e sono la coordinatrice del
comitato: Prima i Cittadini. Non mi pare che tu abiti da queste parti!
La squadrò con evidente disprezzo soffermandosi sul
cappottino di poco prezzo.
Le labbra di Camilla si incurvarono all’ingiù, piene di
delusione.
- Ma cosa devo fare? Non ho una casa e nemmeno un lavoro.
Devo pure fare qualcosa!
- Ah, io non lo so.
Rispose la signorina Dellaroccapopoli
-Questo è compito del Comitato Accoglienza Forestieri. Il
mio compito è solo accertarmi che tu non abbia il lavoro che spetta di diritto
ai cittadini.
Detto questo si piazzò davanti alla porta impedendone
l'accesso.
La ragazza, con fare sconsolato riprese il cammino, non
guardava nemmeno più dove stava mettendo i piedi. Pareva che un filo invisibile
la stesse guidando per i meandri della città verso un Graal dal volto
sconosciuto. Gli stivaletti neri e
spelacchiati la condussero all'ingresso di un palazzo signorile nei pressi di
una piazza. Lo sguardo chiaro si arrampicò sulle decorazioni del portone di
legno intarsiato dove spiccava una targa d'ottone.
Cantieri Navali Aleste
Uffici Amministrativi.
Entrò col cuore che le palpitava leggero nel petto,
estrasse la lettera portandola al volto per annusarla con dolcezza e spiegò
alla segretaria severa che presiedeva la reception che desiderava incontrare il
signor Vinali, le consegnò la lettera con la stessa cura con cui si porge un
oggetto prezioso e attese speranzosa mentre la segretaria spariva
dietro una porta a doppio battente con la sigla
dell’azienda serigrafata in oro sui vetri.
Immediatamente dopo venne fatta entrare, il signor Vinali
circumnavigò la scrivania di quercia che lo separava dalla giovane e le prese
le mani accompagnando il gesto con un cordiale saluto di benvenuto.
Era un uomo, affabile, gentile, ben vestito.
- Bene, bene. Dunque, tu sei la piccola Camilla. Tuo padre
è stato uno dei miei dipendenti più apprezzati ed efficienti. Puoi stare certa
che non abbiamo dimenticato i suoi fedeli servigi. Tra le mie segretarie ci
deve essere sicuramente un posto libero. Oh, è un lavoro facile, niente di più
facile!
Camilla sorrise di rimando, lieta di aver raggiunto
finalmente la sua meta. Dopotutto era stata fortunata, il signor Vinali era
davvero una brava persona. A Natale i miracoli potevano ancora accadere.
Non è confortante immaginare un lieto fine per la nostra
eroina?
Bene, potremmo concludere questa storia qui, lanciando
petali di fiori al poliziotto e alla signorina Dellarroccapopoli, tanto ligi al
dovere da permetterle di evitare distrazioni pericolose, consegnare la sua
lettera e sperare finalmente in un futuro migliore raggiungendo il benefattore
di suo padre cortese amico e salvatore.
Quanto mi piacerebbe, ma mi tocca aggiungere un paio di
parole.
Mentre Camilla sosteneva alcune formalità burocratiche con
una solerte segretaria, il signor Vinali compose un numero di telefono, non
chiedetemi che numero fosse, al quale una voce ossequiosa rispose quasi subito.
-Sandro? Per questa sera prenota il solito tavolo…. Quale?
Quello nel privè, si quello nascosto dalle piante. Si due…si la solita marca.
Se non sarà della temperatura giusta ti romperò il collo. No no, non quella…
Una nuova…un bocconcino Sandro. Un bocconcino.
Ed ora andate al diavolo, decoratori di alberi di Natale, e io andr
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